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Oct 9, 2025

OpenAI Apps SDK: l’App Store dell’AI

OpenAI Apps SDK: l’App Store dell’AI

OpenAI Apps SDK: l’App Store dell’AI

Perché le app in hashtag#ChatGPT possono diventare il “Conversational OS”. Cosa sono, come funzionano, e come progettarle bene.

OpenAI ha annunciato applicazioni che vivono dentro le conversazioni di ChatGPT: puoi cercare un alloggio su Booking.com, generare slide con Canva o sfogliare case su una mappa interattiva di Zillow senza mai uscire dalla chat. È un salto oltre il “link-out”: UI interattive direttamente nella conversazione. Al lancio compaiono partner come Booking.com, Canva, Coursera, Figma, Expedia, Spotify e Zillow; altri (DoorDash, OpenTable, Target, Uber, ecc.) arriveranno a breve. Gli utenti possono invocare un’app per nome o lasciarsi suggerire l’app giusta in base al contesto, per esempio mentre si discute di comprare casa.

Perché è importante? Perché non stiamo aggiungendo un gadget: stiamo spostando l’azione. L’azione non accade più altrove (sito/desktop/app), ma qui, nella chat. È lo stesso movimento che gli App Store innescarono nel 2008, ma stavolta il contenitore non è un OS mobile: è un’interfaccia conversazionale che punta a raggiungere oltre 800 milioni di utenti settimanali.

Come funziona

Dietro le quinte c’è un Apps SDK che estende il Model Context Protocol (MCP), standard aperto per far parlare l’AI con dati e strumenti esterni. La novità è che l’SDK non definisce solo la logica, ma anche come presentare i risultati all’utente: l’output diventa una mini web-app (HTML/CSS/JS, spesso React) che gira dentro un iframe nella chat, comunica col “contenitore” attraverso una API di host (window.openai) e può chiamare strumenti sul tuo backend (che resta sui server dello sviluppatore, non su OpenAI).

Dal punto di vista della sicurezza, il widget funziona in uno spazio separato e controllato. Può fare solo ciò che è permesso e comunicare verso l’esterno entro limiti chiari, mentre il server dell’app segue regole di sicurezza consolidate. In pratica: integrazione profonda, ma con confini ben definiti.

L’esperienza utente: componenti “nativi” nella chat

OpenAI punta su coerenza, semplicità e accessibilità. Le linee guida propongono tre formati: card inline per azioni rapide, carousel per confrontare più risultati, fullscreen per flussi ricchi (mappe, editor). L’idea è ridurre l’attrito: un’azione chiara, poche info ma utili. Per noi designer è terreno fertile: l’UX diventa conversazione + componente, non più un’interfaccia a sé.

Esempi pratici:

  • Inline card per confermare una prenotazione o mostrare un riepilogo d’ordine con due CTA al massimo.

  • Carousel per scorrere playlist, ristoranti, hotel.

  • Fullscreen quando serve spazio per mappe esplorabili o canvas di editing - il composer della chat resta sempre a portata per continuare a “parlare” con l’app.

Strategia: partire forte, costruire l’effetto rete

Le app sono già disponibili per chi accede da fuori SEE, Svizzera e Regno Unito, su tutti i piani (Free, Go, Plus, Pro). L’obiettivo è estenderle “a breve” anche nell’UE. Per chi sviluppa: l’SDK è in preview e le submission apriranno entro l’anno, con una directory dedicata e regole chiare di qualità e design. Il valore è doppio: visibilità (la platea di ChatGPT) e integrazione (l’assistente suggerisce l’app giusta al momento giusto).

Commerce conversazionale: dal “vedere” al “comprare” in chat

Negli ultimi mesi OpenAI ha introdotto Instant Checkout e sta formalizzando un Agentic Commerce Protocol, standard aperto per abilitare pagamenti direttamente nella chat. Questo chiude l’ultimo miglio: discovery → decisione → transazione senza uscire dal flusso conversazionale. Impatto? Il comportamento d’acquisto si sposta dentro l’assistente.

Le domande giuste (da fare adesso)

  • Quanto contesto legge l’app? Solo l’ultimo messaggio o una finestra più ampia della conversazione? La pagina ufficiale spiega il consenso alla prima connessione e futuri controlli più granulari, ma la quantità di contesto condiviso è decisiva per privacy e UX. Va progettato e comunicato in modo trasparente.

  • Chi vince tra app concorrenti? Se esistono più app per lo stesso compito (es. food delivery), come sceglie ChatGPT cosa suggerire? OpenAI promette priorità all’esperienza, ma è un punto da osservare con attenzione.

  • Portabilità vs integrazione: MCP e SDK sono “aperti”, ma progettati per ChatGPT. È la solita tensione: scrivere una volta per girare ovunque o sfruttare al massimo la piattaforma dominante? Nel 2008 vinse l’esperienza nativa. Oggi l’esperienza “nativa-in-chat” potrebbe ripetere la storia.


Cosa significa per il mercato (e per chi costruisce)

Da “chatbot” a piattaforma applicativa: se sei un servizio consumer o B2B, la domanda non è se integrare, ma come. Il vantaggio immediato è la distribuzione (ChatGPT dichiara 800M+ weekly users) e la scoperta contestuale (l’app si presenta quando serve). Ma la qualità dell’esperienza deciderà vincitori e sconfitti: le linee guida premiano chi taglia la complessità e porta valore in una singola card.

In Europa le app non sono ancora accessibili; il rilascio nell’UE è previsto “a breve”. Conviene prototipare ora: alla disponibilità, i team con esperienze rifinite avranno un vantaggio competitivo.

Chiusura

Questa mossa anticipa un passaggio netto: l’interfaccia torna conversazione e la conversazione diventa luogo d’azione. Mappe, playlist, editor, checkout: tutto avviene qui, in dialogo. Se questo modello prenderà piede anche oltre ChatGPT, potremmo chattare con le nostre applicazioni molto più spesso di quanto le “apriamo”. È l’embrione di un Conversational OS: un ambiente dove l’AI orchestra strumenti e mini-app in tempo reale, con noi al centro.

Per me, appassionato studioso di User Interaction, è il momento di sperimentare: progettare card che riducono attrito, far convivere conversazione e UI, e misurare ciò che davvero conta per l’utente. Qui si gioca la prossima onda dell’esperienza digitale.

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